Il concordato preventivo biennale è una strada senza via d’uscita: non si può revocare la scelta effettuata entro il 31 ottobre 2024.
Chi ha detto sì alla proposta dell’Agenzia delle Entrate non ha possibilità di tornare sui propri passi. Anche in caso di decadenza, a causa ad esempio del mancato versamento delle imposte dovute, la situazione non si potrà capovolgere e al contrario resterà dovuto il pagamento delle somme più elevate tra quelle concordate e quelle effettive.
Un concordato cul-de-sac che, almeno sul fronte del conto dovuto, obbliga a rispettare le regole del patto siglato.
Concordato preventivo cul-de-sac: la scelta non si può revocare
E’ una delle domande che circola tra addetti ai lavori e partite IVA: cosa fare se, dopo aver accettato il patto con il Fisco, si intende tornare sui propri passi?
La risposta è che allo stato attuale non vi sono vie d’uscita: il concordato preventivo biennale è un “patto vincolante” sul quale non è ammessa la revoca presentando dichiarazione dei redditi integrativa.
Dal punto di vista pratico quindi, allo stato attuale non è contemplata l’ipotesi di un ripensamento successivo alla scadenza del 31 ottobre, data vincolante non solo per l’accesso al concordato preventivo biennale ma anche sull’eventuale invio di una dichiarazione dei redditi correttiva per ripristinare le regole ordinarie di determinazione di basi imponibili e conseguentemente imposte dovute.
Non si intravedono novità in tal senso: anche qualora venisse confermata la riapertura dei termini fino al 10 dicembre, appare poco plausibile la possibilità che venga concesso di rivedere le scelte già effettuate.
Revoca del concordato in caso di decadenza? Il conto delle imposte dovute può solo aumentare
Neppure in caso di decadenza, come nell’ipotesi dell’omesso versamento delle imposte, verranno meno gli effetti del concordato.
È stato uno dei primi correttivi introdotti dal Governo: il venir meno delle condizioni per l’applicazione del patto fiscale non avrà effetti per l’Erario.
In particolare, è l’articolo 22 del decreto legislativo n. 13/2024, così come modificato dal decreto correttivo n. 108 pubblicato ad agosto, ad aver previsto che:
“Nel caso di decadenza dal concordato restano dovute le imposte e i contributi determinati tenendo conto del reddito e del valore della produzione netta concordati se maggiori di quelli effettivamente conseguiti.”
Una norma che punta a tutelare gli incassi messi a bilancio, pari allo stato attuale a circa 1,3 miliardi: chi decadrà dal concordato preventivo biennale sarà in ogni caso tenuto a versare le imposte dovute sulla base del reddito pattuito.
Non sempre però: si tornerà al calcolo delle imposte sulla base del reddito effettivo qualora superiore a quello concordato e, conseguentemente, in caso di imposte “reali” maggiori rispetto a quelle derivante dal patto con il Fisco.